“Abbiamo imparato ad essere intenzionali dove gli altri non lo sono stati”
Non ci crederai ma questa è una delle prime frasi che ho segnato sul mio taccuino il giorno in cui ho iniziato il corso alla Disney University in California.
La seconda frase è stata questa: essere intenzionali vuol dire essere coscienti di ciò che fai.
Mi sono chiesta molte volte come, un’azienda così grossa come la Disney, fosse riuscita a mettere d’accordo tutte le persone che lavorano all’interno della loro azienda per creare qualcosa di così magnifico.
Chiunque varca la soglia del mondo Disney, di uno dei suoi parchi, è d’accordo sull’incredibile ed immensa magia che riesce a portare nelle vite di chi vive quell’esperienza.
Grandi e bambini ne sono completamente affascinati. Ci sono persone in America che sono dei veri e propri fan e vanno tutti gli anni almeno due volte l’anno in un parco Disney.
Eppure è un’azienda. Una cazzo di fottuta azienda.
Non è il mondo fatato, il bosco incantato né tantomeno il paese delle meraviglie di Alice.
È un’azienda. Non come tutte le altre però.
Loro infatti riescono a nascondere così bene il processo che tutto ciò che vedi è il contenuto.
“When you come to Disney you being processed but the moment you feel that you being processed, WE FAIL”
“Quando vieni a Disney, in realtà tu vieni “processato” (cioè entri in un sistema predeterminato) ma nel momento in cui tu vivi che vieni processato, quello è il momento in cui stiamo fallendo.”
Tutto gira attorno all’estrema attenzione che questa azienda pone nei confronti del cliente.
Tutto gira intorno a due parole che sono il riassunto perfetto nella DISNEY COMPANY:
- Esperienza
- Assistenza clienti
Semplice no? Manco per il cazzo, come direbbero i francesi. Perché, alla base, c’è la frase che ho scritto sopra quel primo giorno alla Disney University..
“Abbiamo imparato ad essere intenzionali, dove gli altri non sono stati in grado di esserlo”
È tutto qui, in questa frase.
Eppure di persone che non riescono a mettere d’accordo il proprio corpo, ad autodisciplinarsi, sempre, rispetto alla vita che vivono, ne è pieno il mondo.
Le persone pensano una cosa e ne fanno un’altra.
Allora mi chiedo come si fa a mettere d’accordo e sulla stessa linea di lavoro 195 mila dipendenti?
La risposta è nei sistemi e processi di lavoro.
Questo è un argomento che ho toccato molto da vicino nella mia esperienza alla Disney e di cui parlo abbondantemente nel mio libro perché, questo argomento, è ciò che mi ha veramente permesso di capire fino in fondo perché le aziende non crescono e non si evolvono.
Vedi, l’imprenditore, se ha scelto di fare l’imprenditore e non si è ritrovato un’azienda in mano da dover gestire ma se l’è costruita, fa parte di quel 5% di persone che è abituata ad auto emanciparsi. Fare, pensare, raggiungere un obbiettivo, formarsi, risolvere problemi quotidianamente, gestire crisi ecc ecc senza che nessuno però gli abbia mai detto come fare, cosa fare e perché.
Il problema è appunto proprio questo. Che di imprenditori ce ne sono pochi e di dipendenti ce ne sono molti. E c’è un cazzo di motivo.
Addrizza le orecchie perché quello che ti sto per dire potrebbe completamente ribaltare la tua vita lavorativa.
Se infatti sei un manager o un imprenditore e ti ritrovi a gestire molte persone, quello che magari non sai, è che non tutti sono come te.
Il 5% è una piccola percentuale e il restante 95% ha bisogno di sistemi e processi per operare e operare al meglio.
Che non vuol dire uccidere la magia, la creatività e la felicità dei dipendenti perché altrimenti non saranno in grado di farla vivere ai tuoi clienti.
Al contrario, vuol dire dargli giornalmente nuovi scopi e obbiettivi da raggiungere, mezzi per farlo ma sopratutto qualcosa in cui credere.
Le persone hanno bisogno costantemente di essere motivate, organizzate, formate, seguite e prese in considerazione.
Non a caso, la Disney, ha un processo di selezione e formazione interno per ogni livello di lavoro che ha: dalla persona che pulisce i parchi, al manager di più alto grado con centinaia di persone sotto di lui a lavorare.
Quando ho conosciuto Simon T. Bailey è stata l’ennesima conferma che è esattamente così.
Anche lui ha dovuto fare il suo passaggio nella formazione Disney prima di poter diventare un il Direttore Vendite della Disney University.
Per poter fare questo, per poter mettere su sistemi e processi di lavoro per ciascun reparto, è però fondamentale avere una cultura aziendale solida e chiara, che non sono 4 cristo di parole in croce.
Cultura aziendale vuol dire che tu hai veramente una storia da raccontare ai tuoi dipendenti di cui possano veramente farsene una cultura.
Del resto, la storia fa il tuo lavoro.
Tu devi connetterti con le persone su tre livelli:
- intellettuale
- Emotivo
- Fisico
Vale per i tuoi clienti tanto quanto per i tuoi dipendenti.
Fai questo esercizio: traccia una linea centrale su un foglio bianco e scrivici sopra sulla sua sinistra cosa sarebbe bello avere e sulla tua destra quali sono i tuoi asset economici.
Cosa devi lasciare andare e cosa dovresti assolutamente migliorare.
Valuta con attenzione cosa sarebbe carino avere. Ti faccio un esempio: è necessario avere una persona che accolga veramente i clienti, li saluti e gli dia il benvenuto all’interno della tua azienda?
Probabilmente non è necessario ma lo è.
Perché questa è la differenza tra essere intenzionali e non esserlo. Molto spesso non si deve fare solo ciò che è necessario fare. Andare oltre, ti permetterà davvero di mettere le basi per una crescita aziendale folle.
Certo, questo presuppone che tu abbia i margini per farlo. Che tu non stia svendendo il tuo lavoro, i tuoi prodotti i tuoi servizi e insieme al tuo tempo, come quello delle persone che lavorano con te.
Fare azienda, saper vendere, non sono skills per “tutti”. Ci sono cose nella vita che è necessario apprendere, studiare ma, sopratutto, è necessario testare. Fare esperienza.
Walt non si fermava mai. Era in continuo movimento. Un anno si vendeva la macchina per investire in una nuova iniziativa e l’anno dopo se ne ricomprava una nuova.
Questo nella sua vita è accaduto almeno un paio di volte. Del resto avere una macchina a quei tempi era davvero un lusso. Ma lui se ne privava perché credeva in se stesso e in quello che stava creando più di chiunque altro al mondo. Ci credeva così tanto che alla fine a convinto il mondo intero.